Quando il tubo catodico divenne un pennello per l’Arte: anni ‘70 Federica Marangoni www.federicamarangoni.com Mi sono interessata al video nella seconda metà degli anni 70, ero uno di quei giovani artisti che facevano uso dei nuovi materiali, del neon delle plastiche, con spirito libero ci si serviva delle materie per dar forma al progetto e al pensiero. In quegli anni io già facevo delle performances di tipo ritualistico nelle quali scioglievo pezzi del corpo femminile riprodotto in fedeli calchi di cera. Le maschere del mio volto si consumavano mediante elettrodi e colavano cera rossa decomponendosi come teschi. Quindi il film e il video divennero prima i mezzi per registrare, poi iniziai a creare opere per il video, a creare nuove immagini elettroniche e video clip da inserire anche nelle mie video-sculture che acquisirono una nuova anima ed una terza dimensione: l’anima dell’immagine in movimento. in Italia non era molto avanti come l’America, non si aprivano molte porte all'Arte che faceva uso della tecnologia, pochi conoscevano le ricerche di Nam June Paik. Una donna poi …non aveva molte speranze anche con i materiali tradizionali, figurarsi chi voleva una videoartista performer!
La grande occasione per alcuni di noi giovani proiettati nella libera ricerca dei materiali venne con la nascita a Ferrara per mano di una attiva e convinta curatrice Lola Bonora, che diede vita con pochi, dedicati e appassionati collaboratori , al “Centrovideoarte” del Palazzo dei Diamanti, il solo Centro per l'Arte di emanazione pubblica e museale, non galleria privata, che promosse in quegli anni giovani artisti impegnati ad usare il video nell'arte. Cosi possiamo affermare che a Ferrara con pochi mezzi, intelligenza e passione, si e' creato un gruppo , una scuola di arte e tecnologia, che senza dubbio può, considerarsi un movimento artistico creativo e attivo per almeno un decennio in Italia. All'epoca certe realizzazioni video che sembrano oggi cose normali erano geniali e complesse soluzioni data la tecnologia del tempo, vedi passaggio da uno schermo ad un altro di un'immagine utilizzando il supporto nastroVHS. Col digitale è diventato un gioco da bambini. Mi ricordo quando nel ‘78 al Centro ho ideato un progetto per un video, poi girato in 16 mm, un'azione /performance con gli spettatori che divenivano personaggi del lavoro stesso, erano tutti gli amici del Centrovideoarte che dalla platea si mettevano la mia maschera in p.v.c. e vi alitavano dentro rendendolo un volto corrotto e alterato.
E il film venne proiettato poi nell'inverno dell'80 al MOMA di NY, dove venni invitata anche a fare una nuova performance “ The interrogation” , fra il pubblico ve era Allan Kaprow che poi mi volle conoscere.
Questo evento in Italia non ha avuto alcun riscontro, non è stata pubblicata neppure la notizia sui giornali dell’arte; ero un’indipendente, non ero arrivata lì per mano dei critici che hanno imposto la loro dittatura selettiva in Italia per i 40 anni della mia faticosa carriera fino ad oggi. Un'altra idea complessa e difficile per la modesta tecnologia di allora e i nostri mezzi limitati, è stata quella del “Videogame per i bambini dell'era tecnologica”, un reminder della natura perduta. 1980 e nello stesso anno fui invitata alla Biennale di VE con la videoinstallazione : “ La vita è tempo e memoria del tempo”.
Con Carlo Ansaloni, il video operatore di allora, ricordo che siamo andati da un personaggio a Bologna che con un computer ora preistorico, faceva delle animazioni. Cosi sono nate le farfalle tecnologiche che atterrano e partono come aerei e altri piccoli video di labirinti con omini malvagi che le distruggono, e games vari con squadriglie di farfalle carnivore che si divorano fra loro producendo i rumori noti dei giochi elettronici . Ho avuto il mio riscontro positivo e inatteso dopo tanti anni mio nipote dodicenne, vede il video nel mio studio, mentre lo riproiettavo per passarlo in digitale e dice: “ Figo! Chi l'ha fatto questo?” Era la conferma più sincera che un'idea forte, un messaggio concettuale sulla nostra vita, sull’ambiente, sulla morte, sono la cosa più importante nel lavoro di un artista e valgono nel Tempo, anzi il tempo è il vero critico inesorabile del nostro lavoro. E poi le videoperformances, le prime installazioni con incluse immagini in movimento come il TV gigante che ho costruito al Centrovideoarte e poi a Milano mi pare nel Vi era una retro-proiezione sullo schermo centrale (un telo da lenzuolo!) e altre immagini in piccole tv che fungevano da manopole di quello grande. Il pensiero era, non creare una copia dei video professionali fatti per le reti TV, ma dare nuove sensazioni a sculture installative, che utilizzavano le immagini mobili e fluide come tocchi di un nuovo pennello che usava i pixel anziché pennelli e colori, una grande occasione per l'Arte di appropriarsi della nuova dimensione offerta dalla tecnologia: il movimento e la mobile luce degli schermi. Voglio ricordare un altro lavoro che riassumeva le tre cose, performance, installazione teatrale, Video: IL VOLO IMPOSSIBILE. Una performance dove operavo su un set che era un verde prato artificiale, distruggendo farfalle in vari materiali, con la fiamma ossidrica, con il martello, con i chiodi mentre in 4 monitor l’opera distrutta si ricomponeva con farfalle integre, in cera, specchio, carta e piombo.
Non era necessario allora entrare in una scatola buia con tende nere e sedersi annoiati davanti ad uno schermo, le immagini erano parte vitale, nuovo medium che dava vita ad un'opera dinamica. Oggi si mostrano pezzi video con attori di Hollywood, costosi e che non danno emozione alcuna, allora era artigianato, come sempre i bozzetti e le cose manuali sono più vivi e poetici.
Il fatto di essere stati un piccolo gruppo di giovani con una visione aperta verso il mondo della Tecnologia, di averla potuta sperimentare e usare ogn'uno a modo suo ma negli stessi anni , ha permesso di immettere nel mondo dell'Arte la presenza di un prodotto anche Italiano in quegli anni ‘70 ormai così lontani, accanto agli Svizzeri, Tedeschi, Austriaci ecc. Certo sarebbe stato più facile e meno deludente, dati i pochi appoggi critici, essere emigrati in USA come Bill Viola ! Federica Marangoni